Cairo nella storia della Liguria e della Nazione, di Piero Angelo Tognoli
La rivoluzione Francese trovò Cairo immerso in una febbrile ricerca di benessere e tutto teso verso quella serenità cui da tempo anelava.
Il nostro Borgo era ancora un piccolo centro con ordinamento feudale e quindi le nuove idee esercitarono sul paese molteplici riflessi di ordine politico, economico e sociale.
Furono conquiste raggiunte a caro prezzo, perché gli eventi che seguirono misero nuovamente a dura prova i poveri Cairesi.
La Francia, dopo la rivoluzione 11789), dilaniata dalle lotte interne, minacciata dai suoi nemici esterni desiderosi di restaurare la monarchia, trovò la forza di reagire e unita fronteggiò la grave minaccia.
Nel settembre del 1792 l’esercito francese da una parte mise in fuga i Prussiani e dall’altra invase la Savoia ed il Nizzardo scacciandone i Piemontesi di Vittorio Amedeo III (1773 - 1796) che si trovò nella necessità di chiamare alle armi i suoi sudditi dai 16 ai 60 anni (editto 10 ottobre 1792).
Alla leva rispose abbondantemente la Valle Bormida le cui reclute furono incorporate nel glorioso reggimento provinciale di Acqui il quale si distinse nelle battaglie che seguirono.
Le truppe piemontesi, concentrate parte in Cairo e parte in Ormea, rimasero in attesa degli eventi futuri.
Nella notte del 6 aprile 1794 il comandante francese Dumorbion, rotto ogni indugio, lanciò i suoi due generali Arena e Massena, in territorio italiano e, violando la neutralità della Repubblica di Genova, fece occupare prima Ventimiglia e poi Oneglia.
Massena deviò poi con 8.000 soldati verso Nava difesa anche dagli austriaci e, dopo un duro scontro, conquistò Ormea ove trovò un copioso bottino.
Vittorio Amedeo III, vedendo i suoi territori cadere uno dopo l’altro in mano ai francesi, diramò un altro accorato appello ai suoi sudditi chiamandoli a difesa dello Stato gravemente minacciato.
Chiese quindi aiuto agli austriaci che risposero inviando 20.000 uomini e promettendone altri.
Ebbe inizio per Cairo un burrascoso periodo ricco di fatti d’armi che sconvolsero la vita del Borgo.
I rinforzi austriaci furono concentrati in Alessandria ed in Acqui; visti pochi progressi dei francesi nella riviera di ponente ove erano giunti a Finale, furono trasferiti nell’Alta Valle Bormida e nel numero di circa 12.000 furono insediati nei comuni di Dego, Rocchetta di Cairo. Cairo, Cosseria, Millesimo, Mallare ed Altare.
La retroguardia ebbe il quartier generale in Dego, ove furono installate le artiglierie pesanti e i magazzini di tutto l’esercito.
Nei luoghi occupati furono iniziati i lavori di fortificazione e attorno a Dego, ritenuto il caposaldo delle posizioni imperali, furono scavate trincee e costruite ridotte.
Le località più fortificate furono sulla sinistra dello schieramento il monte S. Lucia e sulla destra la collina che domina il fiume Bormida.
Contemporaneamente alla presa di posizione dell’esercito austriaco, i piemontesi marciarono verso Millesimo con l’intento di congiungersi con gli alleati.
I Francesi, temendo un improvviso colpo di mano degli imperiali su Savona, deliberarono di passare all’attacco.
Pertanto, forti di un esercito di 15.000 uomini, cacciarono gli austriaci dalle alture limitrofe ai Borghi di Mallare, Carcare e Millesimo, incalzandoli fin verso Cairo ove giunsero sul far della sera del 20 settembre dello stesso 1794.
Gli austriaci, temendo mali peggiori, nella notte, approfittando dell’oscurità, si ritirarono nel campo trincerato di Dego e avviarono l’artiglieria pesante verso Spigno.
La mattina del giorno 21 i generali imperiali, ritenuto inevitabile lo scontro, disposero le loro truppe in formazione di combattimento.
L’esercito fu diviso in due parti, una fu schierata sulla linea che va dalle alture del Colletto a Monte Ubri e l’altra su quella che sta fra il colle di S. Lucia, sul quale furono piazzati sei cannoni, e le colline sulla destra del fiume Bormida, sulle quali stavano altri trenta cannoni.
Presso Rocchetta di Cairo, davanti al passo del Colletto, prese posizione una squadriglia di Ulani.
L’ala sinistra dello schieramento era vigilata da, un battaglione di Croati posto sul monte Cerretto, l’ala destra invece da un battaglione di cacciatori, posto sul Monte Vallaro.
I Francesi, diretti dal generalissimo Dumorbion, ai cui ordini stavano i generali Massena, Laharpe (6) ed il generale d’artiglieria Bonaparte (7), disponendosi per la battaglia, si frazionarono in tre schiere.
La prima, al centro, transitando per Rocchetta di Cairo assaltò gli austriaci dislocati sul Colletto.
La seconda, sulla sinistra, passando presso il Convento di S. Francesco, attaccò i difensori del monte Vallaro e del colle dei Vignaroli.
La terza infine, radendo i colli dominanti il paese di Rocchetta di Cairo, cercò di raggiungere il fianco sinistro del Colletto.
Il compito fu arduo per tutte tre le schiere, delle quali solo quella di centro riuscì parzialmente ad impegnare gli austriaci.
Quella di sinistra, ottenuto un primo successo, fu respinta oltre i Vignaroli dall’accorrere dei rinforzi mandati dal Generale in capo, l’austriaco Wallis.
La terza ebbe ancora meno fortuna essendo stata subito ricacciata da un manipolo di austriaci posti in agguato nei ruderi del castello di Rocchetta di Cairo.
Ad un certo punto i francesi lanciarono nella mischia la loro cavalleria la quale attaccò con tale veemenza da costringere alla ritirata il centro dello schieramento imperiale.
Calò la sera ed il combattimento cessò senza che vi fossero vincitori e vinti
Bilancio della giornata: 600 morti francesi e 700 austriaci.
I francesi ritornarono oltre il Colletto per sottrarsi al fuoco dell’artiglieria austriaca.
Dal canto loro, gli austriaci, nella notte del 22, abbandonarono il campo trincerato di Dego e si rifugiarono in Acqui, lasciando nelle mani dei loro nemici i magazzini ottimamente riforniti.
I francesi si fermarono due giorni nella Valle Bormida, poi si ritirarono nel genovesato ove rimasero per tutto l’inverno.
Nella primavera del 1795 gli austro-piemontesi passarono all’offensiva ottenendo qualche effimero successo nel savonese.
Il 23 novembre furono però affrontati e vinti a Loano e costretti a ripiegare nuovamente: i primi ad Acqui ed i secondi a Ceva.
Cairo subì umiliazioni e soprusi prima dai francesi e poi dagli austriaci, i quali benché alleati, durante la ritirata violarono e saccheggiarono le misere abitazioni dei valligiani
Il 1796 iniziò sotto migliori prospettive per l’esercito imperiale, il quale, agli ordini del generale Beaulieu (8), forte di 48.000 uomini, fu mandato ad occupare il territorio compreso tra Cairo e Sassello.
Dal canto loro i francesi affidarono il comando dell’esercito in Italia al giovane generale Bonaparte che si era distinto due anni prima alla battaglia di Dego.
Egli progettò di dividere le forze degli eserciti alleati per poi batterli separatamente
Il 10 aprile erano però gli austriaci a passare all’offensiva.
I monti nei pressi di Montenotte erano vigilati dagli uomini di Argenteau (9), e Roccavina.
Il giorno 11 aprile il Roccavina con 2500 soldati si impadronì del Colle delle Traversine, mentre l’Argenteau con 12.000 uomini attaccò con decisione il Colle di Castellazzo e lo conquistò agevolmente.
Per avere la strada libera verso Savona, agli austriaci non rimaneva che conquistare la terza ridotta di Monte Negino, a quota 683 metri s.l.m.
Tale ridotta era difesa dal colonnello francese Rampon (10), il quale aveva fatto giurare ai suoi soldati che avrebbero resistito fino alla morte.
Gli austriaci attaccarono la ridotta con tutte le !oro forze, ma i 1.’200 difensori francesi li respinsero più volte infliggendo loro gravi perdite.
L’accanita resistenza sconcertò gli austriaci che a sera sospesero l’attacco e si accamparono nei pressi della ridotta col proposito di conquistarla il giorno dopo.
Nella notte però Napoleone mandò rinforzi sul luogo della battaglia.
I generali francesi Massena ed Augereau (11), si disposero furtivamente di fianco al nemico mentre il generale Laharpe alle cinque del mattino del giorno 12 attaccò frontalmente gli austriaci.
Il generale Argenteau, superiore di forze ed ignaro del pericolo che aveva ai fianchi, accettò la sfida del generale francese facendo il giuoco del Bonaparte.
Augereau e Massena, non appena la battaglia ebbe inizio diedero ordine alle loro truppe, nascoste nei faggi, di attaccare il nemico alle spalle e sui fianchi
Agli austriaci, sorpresi ed attaccati da ogni parte, non rimase altra alternativa che una rovinosa rotta.
Argenteau e Roccavina, feriti, si portarono a stento in salvo con un migliaio di uomini, verso Dego.
Dei loro soldati 1.500 morirono, 10.000 si sbandarono e 2.000 caddero prigionieri .
La battaglia di Montenotte fu la prima grande vittoria di Napoleone.
A ricordo della battaglia in località Cascinazza è stato eretto un cippo.
Napoleone, che diresse le azioni dal colle detto della "Casa Bianca" sopra Altare, appena vide l’esercito austriaco in rotta verso Dego, discese ad Altare con il suo stato maggiore, fece uno spuntino in casa Lodi e preparò i piani per le successive azioni.
Alla sera, sempre del 12 aprile, Napoleone entrò in Carcare e pose il suo stato maggiore in casa del Sindaco.
Alle otto del mattino del giorno 13, un manipolo di austro-piemontesi del generale Provera (12) e del colonnello Filippo del Carretto (13) in numero
di circa 900 furono assediati nel castello di Cosseria da 10.000 soldati francesi .
Napoleone si appostò alla cascina "La, Montà" per dirigere personalmente l’attacco al castello, che desiderava a tutti i costi occupare prima di notte
Due attacchi francesi, uno alle otto e uno alle undici, furono respinti con gravissime perdite nelle file degli attaccanti.
Alle due pomeridiane Napoleone scrisse di suo pugno a Provera: (.Signore, voi siete circondato da ogni parte, la vostra resistenza non provocherà che uno spargimento inutile di sangue tanto a voi quanto a, noi. Se tra un quarto d’ora voi non vi arrendete prigionieri, io non farò più grazia ad alcuno.
Dopo di che Napoleone partì verso Cengio. per controllare la situazione in quel luogo (14).
Avendo Provera rifiutata la resa, anche e soprattutto per insistenza del colonnello Filippo Del Carretto, che fu il vero difensore di Cosseria, essendogli stato affidato dai Provera il comando della ridotta, i francesi alle quattro pomeridiane sferrano un attacco al castello.
Nell’assalto morirono i generali francesi Banel e Quenin nonché il colonnello Filippo del Carretto.
Seguì una tregua di due ore e quindi la notte.
Alle sette del mattino del giorno 14 Augereau intimò nuovamente alla guarnigione di arrendersi.
Gli austro-piemontesi, privi dell’animatore della resistenza, ritenuta vana ogni ulteriore difesa, si arresero con l’onore delle armi e furono avviati verso Carcare ove Napoleone li passò in rivista.
L’esercito austriaco, dopo la battaglia di Montenotte, inseguito dalle truppe napoleoniche, si rifugiò in Dego.
Alle ore 14 del giorno 13, quindicimila francesi giunsero a Rocchetta di Cairo ove trascorsero la notte.
Il giorno 14 si divisero in tre schiere che, contemporaneamente, attaccarono con veemenza i confederati e, dopo una sanguinosa lotta, conquistarono la roccaforte di Dego.
Il giorno 15 il colonnello austriaco Wukassovic (15), avuto precedente
mente l’ordine di accorrere in aiuto degli assediati, giunse, alla testa di 5.000 uomini, con un giorno di ritardo sul luogo della battaglia, ma in tempo per riconquistare Dego e ricacciare i francesi oltre il Colletto.
Il generale Bonaparte in persona, coadiuvato da Massena e Laharpe, riorganizzò il contrattacco e dopo sanguinosi assalti riconquistò definitivamente Dego
Nei tre giorni di combattimento le perdite fra morti, feriti e prigionieri furono di 1 don uomini fra le file austriache e 800 fra quelle francesi.
Caddero soldati famosi, come i generali napoleonici Causse (16), morto nell’ospedale da campo di Rocchetta di Cairo e Rondeau, deceduto a Savona in seguito alle ferite riportate.
Il comandante austriaco Beailieu, duramente sconfitto, fu obbligato a ritirarsi verso Acqui con il suo esercito.
I piemontesi, pure loro battuti ed incalzati, furono costretti alla resa.
L’armistizio di Cherasco (17) del 28 aprile e la pace di Parigi del 15 maggio 1796 sancirono la cessione alla Francia di Nizza e della Savoia.
Durante i combattimenti nella valle Bormida, a Cairo si ripeterono i soliti fatti dolorosi cagionati dell’avidità dei vincitori avvezzi a saccheggiare e ad imporre gravi contribuzioni ai paesi vinti.
Il Botta scrive: "Lo splendore della vittoria francese fu oscurato dal furore del sacco. Molti fra i repubblicani, non perdonando né a cosa sacra né a profana, riempivano i paesi di terrore e di fuga (pag. 326)".
Le ristrettezze economiche crebbero con la inflazione monetaria avvenuta in tutto il Regno.
Il 15 ottobre 1796 a Vittorio Amedeo III successe al trono Carlo Emanuele IV (1796 - 1802) il quale, privato dei suoi dominii in Piemonte, fu costretto a stabilire la sua residenza a Cagliari.
Seguì per Cairo un periodo di ristrettezze economiche e di disordini interni conseguenti agli avvenimenti politici degli ultimi anni.
Il 13 maggio 1798 Napoleone partì per la campagna d’Egitto, lasciando i territori conquistati presidiati da truppe francesi che commisero molte atrocità per tenere a freno le popolazioni ad esse sottomesse.
A Cairo, come risulta da documenti dell’archivio parrocchiale, furono arrestati e passati per le armi alcuni cittadini che non condividevano le idee della rivoluzione.
Nonostante ciò, le condizioni dei francesi nella valle Bormida, come del resto in tutto il Piemonte, peggiorarono di giorno in giorno per cui il Direttorio, nell’agosto del 1799, decise di inviare nuove truppe in Italia.
Più di 10.000 giunsero nelle Langhe.
Durante questo periodo il comandante in capo Jubert ebbe il suo quartier generale a Cairo ove impose gravose tasse al povero Comune, costringendolo ad alienare gran parte del suo patrimonio, per poter far fronte alle imposizioni.
Il 15 dello stesso mese, l’esercito francese, duramente sconfitto nella battaglia di Novi, fu costretto a ritirarsi in disordine verso la riviera, lasciando sul campo il suo comandante Jubert.
Durante la ritirata, i soldati francesi transitarono per le terre di Cairo.
Del loro passaggio è rimasto il ricordo fra le popolazioni del luogo.
Nell’ottobre, Napoleone ritornò precipitosamente dall’Egitto, s’impadronì del potere con il colpo di stato del 18 brumaio e, dopo aver ristabilito l’ordine all’interno della Francia, con il suo esercito, attraversò le Alpi al passo del Gran S. Bernardo, entrò in Italia ed a Marengo il 14 giugno 1800 con la famosissima vittoria, ristabilì il dominio della Francia sull’Italia Settentrionale.
Il Cairese fu nuovamente interessato dal transito di truppe, risentendone in varia misura i danni.
La sua popolazione, già di 3.256 abitanti nel 1792, diminuì di 200 unità nell’ultimo decennio (18) .
Dopo Marengo tornò con la pace una certa stabilità economica.
Napoleone, divenuto imperatore dei francesi e re d’Italia, nel 1805 divise in dipartimenti le terre occupate.
A ricordo della sua prima grande vittoria volle che da Montenotte prendesse il nome il Dipartimento che aveva a capoluogo Savona e che fu mirabilmente governato dal Conte Chabrol.
Cairo, nel nuovo ordinamento napoleonico, fu capoluogo del Cantone che comprendeva i Comuni di Altare, Bormida, Cairo, Carcare, Mallare e Pallare ed aveva una popolazione di 7.309 abitanti (il Cantone di Millesimo con i Comuni di Biestro, Carretto, Casteinuovo, Cengio, Cosseria, Millesimo, Montezemolo, Plodio, Roccavignale, Rocchetta di Cairo e Rocchetta di Cengio contava 5.784 abitanti).